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Questo libro racconta, in primo luogo, le irraggiungibili grandezze della vita piccola. Guarda all'infanzia non semplicemente come a una età della vita, ma come a un punto di verità da cui poter esplorare il mondo, sino a incrinare e a scalzare la logica fin troppo consolidata secondo cui il bambino viene prima dell'uomo e in esso si realizza. Occorre invece rovesciare la prospettiva: sono i piccoli a incarnare la piena creaturalità dell'umano, proprio in quanto creature incompiute e imperfette. Ma come un bambino sviluppa anche un secondo, più ardito azzardo: quello di accostare la parola letteraria a quella delle Scritture, usando l'una e l'altra come esegesi della vita. Le poche ma significative parole tratte dai testi biblici si intrecciano con il nudo palpitare della vita infantile, i sussulti, le paure, gli stupori, le passioni del bambino così come vengono narrate in alcune grandi scritture del Novecento: da Rainer Maria Rilke a Alice Munro, da Alberto Savinio a Thomas Bernhard, da Marina Cvetaeva a Aharon Appelfeld.